Com’erano i mobili da ufficio negli anni ’70 e ’80? Che forme avevano e, soprattutto, quali criteri venivano seguiti per la loro costruzione e progettazione? Contrariamente a quanto potremmo pensare, i mobili da ufficio di quegli anni erano costruiti secondo logiche molto simili a quelle attuali.
Largo all’ergonomia
La definizione della struttura dei mobili da ufficio di allora era orientata dai medesimi principi dei giorni nostri. Proprio in quegli anni, l’ergonomia cominciava ad imporsi come disciplina volta a dettare le regole della progettazione dei macchinari e di tutti gli strumenti di lavoro utilizzati dall’uomo.
Se agli albori della rivoluzione tecnologica il rapporto uomo-macchina era tutto a sfavore dell’uomo, che doveva adattarsi ai ritmi e alle forme delle nuove tecnologie, lentamente assistiamo a un’inversione di paradigma. I macchinari (e anche i mobili da ufficio) cominciarono ad essere progettati non solo sulla base delle esigenze produttive, ma anche sulla base delle necessità fisiche del loro utilizzatore. I parametri biometrici diventarono un aspetto determinante per stabilire dimensioni e forme. L’ergonomia cominciò a dettare le regole al design, imponendo di concepire tutto letteralmente a misura d’uomo.
Mobili da ufficio a misura d’uomo
A partire dalla fine degli anni ’70, nella progettazione dei mobili da ufficio, non era più l’estetica ad essere determinante, quanto la facilità di utilizzo da parte del lavoratore. Il lato puramente estetico e decorativo cedeva il passo al rispetto dei principi dell’ergonomia. Il rapporto tra le misure dei mobili da ufficio e il corpo umano doveva poter garantire comodità, funzionalità e fare in modo che il lavoratore si affaticasse il meno possibile. Questa finalità veniva perseguita attraverso un attento studio del corpo umano sia statico che in movimento. Venivano studiate la lunghezza degli arti, le distanze minime e massime per non stancare la vista e le posizioni più adeguate per non affaticare la colonna vertebrale. I parametri biometrici divennero determinanti per l’organizzazione degli spazi di lavoro. La pianificazione dell’urbanistica degli uffici venne orientata alla versatilità, dinamicità e alla possibilità di essere velocemente modificata.
L’estetica anni ‘70
Ma quale era l’aspetto dei mobili da ufficio anni 70?
Le caratteristiche più rilevanti delle linee di arredamento erano la componibilità, la sobrietà nel disegno, e un attento studio nella scelta dei colori. In un periodo storico in cui l’ottimizzazione dello spazio era il principio cardine dell’urbanistica e dell’edilizia, anche i mobili per ufficio cominciarono ad essere realizzati con la stessa concezione. La scelta dei materiali era orientata dalla necessità di ridurre gli spazi pur garantendo solidità e robustezza dei mobili. L’acciaio divenne il materiale più diffuso nella realizzazione di armadi e schedari perché consentiva di costruire arredi i cui volumi erano completamente utilizzabili.
Per quanto riguarda i colori, invece, il loro impiego era attentamente ponderato. Alla base delle scelte cromatiche vi era una vera e propria valutazione del ruolo di ciascun arredo nell’ecosistema dell’ufficio. L’uso dei colori era funzionale a enfatizzare sensazioni positive e alleggerire il senso di oppressione o di negatività. Arredi pesanti dai volumi incombenti erano ingentiliti e alleggeriti con colori chiari, mentre i colori della scrivania venivano scelti con l’intento di non affaticare l’occhio e, anzi, riposarlo.
In definitiva negli anni settanta erano già presenti tutti i principi cardine che sono alla base del design dei moderni mobili da ufficio. L’unica differenza è che, ai tempi, l’ergonomia era una vera e propria disciplina pionieristica, introdotta da aziende che hanno fatto la storia del design (come ad esempio l’Olivetti in Italia), mentre ora rappresenta lo standard di produzione di qualsiasi arredo per ufficio serializzato.