Il design di una decade di compromessi sperimentali
Gli anni ’70 sono il decennio delle contraddizioni.
Sono anni di incertezza economica vissuta alla ricerca del glamour; anni in cui si passa dal ballare spensierati ad un concerto rock’n’roll o in una discoteca all’attivismo più schierato delle rivoluzioni sociali. Non ci sono mezze misure: un risoluto ottimismo anima i cuori di coloro che hanno saputo viaggiare con la mente, guidati dalla fiducia nel progresso tecnologico del post allunaggio, dalla liberazione di una sessualità sdoganata, dalla fascinazione per l’Oriente sempre più vicino.
Il grande fermento creativo che riguarda indistintamente tutti i settori. Gli anni ’70 hanno visto la nascita di innovazioni davvero rivoluzionarie.
È l’epoca formidabile dell’estetica futurista, del pop che incontra il kitsch, della funzionalità che abbraccia il colore: il protagonista della scena è l’eccentrico.
Nel 1971 esce Arancia Meccanica – A Clockwork Orange, 1971 – del cineasta Stanley Kubrick: è forse la pellicola che meglio rappresenta l’impatto che l’era spaziale ha sul design, che arrotonda le sue forme per assecondare uno spirito meno condizionato dalle regole sociali.
La voglia di sorprendere l’osservatore si respira in ogni ambiente e il progresso accelera portando cambiamenti continui e in costante evoluzione: il design è pronto a soddisfare queste esigenze di variabilità e scenografia.
Il design domestico negli anni ‘70
L’ambiente domestico cambia radicalmente sotto molti aspetti: si impongono gli elettrodomestici in bagni e cucine, cambiandone il volto, e il televisore collocato ormai in ogni salotto stabilisce una nuova disposizione degli arredi, specialmente delle sedute che scardinano la connessione tra loro, volta solo alla conversazione, per convergere verso un punto comune. Ci sono quindi i mobili TV e quelli per il giradischi, che diventano onnipresenti nelle case come simboli di modernità.
Anche la tavola diventa meno formale e si apre alle proposte nordiche grazie anche al grande successo delle stampe colorate e floreali di Marimekko, resa famosa nel decennio precedente da Jacqueline Kennedy, che indossò uno dei suoi abiti per una copertina di Sports Illustrated. Il più famoso tra i motivi Marimekko è sicuramente il papavero (An Ikko) disegnato da Maija Isola nel 1964.
A cambiare è anche il modo di relazionarsi con i complementi d’arredo: la postura di chi abita lo spazio diventa informale e ci si concede di presentarsi in modo più scomposto. Per questo spopolano pezzi come la Ball Chair, progettata da Eero Arnio nel 1963, la sedia Tulip, disegnata da Eero Saarinen nel 1953, e la Egg Chair, ideata da Arne Jacobsen nel 1958: l’interno imbottito di queste nicchie regala la possibilità di rifugiarsi in un ambiente privato e ovattato.
L’illuminazione nel design italiano degli anni ‘70
Un altro elemento che non può essere ignorato è certamente la luce, di cui si fa un uso intensivo e che viene sfruttata in tutte le sue forme e colori. Sempre perché di contraddizioni ci si nutre, il disegno degli elementi di illuminazione diventa un’operazione di fusione tra semplicità lineare e complessità ricercata, inseguendo forme sinuose, plasmate in materiali sperimentali.
Un esempio è la lampada Atollo, disegnata nel 1977 per Oluce da Vico Magistretti: archetipo della lampada moderna, viene inclusa praticamente subito nelle collezioni dei più grandi musei di design.
Elmetto, disegnata nel ’76 da Elio Martinelli, è invece la lampada da notte ideale: con un interruttore facile da trovare e un riflettore orientabile diventa la più diffusa compagna di storie della buonanotte.
Il design italiano riconosce la sua portata internazionale grazie alla mostra Italy: il nuovo paesaggio domestico, tenutasi a New York nel 1972.
La selezione racconta di Tobia e Afra Scarpa e del loro divano Bastiano, che Gavina produce per offrire una seduta raffinata e casual al tempo stesso; cita Cini Boeri e la Bobolungo lounge chair, in poliuretano espanso autoportante; parla del lavoro di Giancarlo Piretti per Anonima Castelli, che ancora oggi produce le Plia e Plona chairs; Joe Colombo, Marco Zanuso, Gae Aulenti, l’elenco prende forma in un tripudio di tecnica ed estro.
Oggi tutto resta, missione dell’antiquariato e del vintage è fare dei ricordi la sua mercanzia: grazie a questo, tutto resta.