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8 e ½, così sincero e indecente. Recensione del capolavoro felliniano

Almeno la metà di tutti i cineasti per antonomasia a cui viene chiesto quali sono i registi che ammirano di più include Federico Fellini tra i primi tre. Egli sembra avere un fascino particolare non solo per il pubblico ma anche per i registi puramente commerciali forse perché il suo è stato il cinema delle emozioni espresse visivamente più che del rigore intellettuale. Era davvero un grande regista.

 Tutto il suo talento è espresso sin dalla sua prima opera, Luci del Varietà, co-diretto da Alberto Lattuada nel lontano 1950. È uno studio meravigliosamente simpatico di un gruppo teatrale itinerante, che, 71 anni dopo, rappresenta ancora il miglior film sul teatro che sia mai stato girato, con una funzione educativa e di intrattenimento per il pubblico e didascalica per i teatranti.

 Amarcord: tra autocelebrazione e scorci di un’inedita Rimini

 Non c’è dubbio, però, che 8 e 1/2, realizzato 12 anni dopo, sia il suo vero capolavoro; La Dolce Vita e Satyricon le sue epopee più spettacolari; mentre Amarcord è il film autoreferenziale che mette in ginocchio i suoi più fedeli sostenitori e ci porta alla scoperta delle incredibili meraviglie della città di Rimini.

Il genio di Fellini nel saldare la memoria, il sogno e la coscienza di veglia è in mostra in questo film classico, il cui titolo è una frase slang romagnola che sta per “Ricordo”, entrata nel vocabolario italiano proprio grazie a questa pellicola.

 È un racconto personale, quasi autobiografico, di un bambino cresciuto vicino a Rimini, in un’Italia dominata dal fascismo e dalla chiesa cattolica. Come sempre, lo spirito e l’estetica quasi circense del neorealismo sono presenti: scene, idee e immagini si susseguiranno esuberanti per il nostro diletto come spettacoli circensi che vengono portati sul ring. Il Piazzale Fellini, la Fontana dei Quattro Cavalli, Castel Sismondo, sono tutti scorci della città romagnola che diventano protagonisti di uno dei classici senza tempo.

 8 e ½ : il cinema che rappresenta se stesso in una chiave tristemente reale

 8 e1/2 è probabilmente il film più potente sul cinema, all’interno del quale fantasia e realtà si mescolano senza offuscamento, e c’è un argomento duro che smentisce la sua solita felice flaccidità. Il suo titolo si riferisce al fatto che, fino ad allora, Fellini aveva realizzato sette lungometraggi e due episodi in film compositi che sommati ammontavano a circa la metà. Il suo personaggio centrale è Guido (Marcello Mastroianni), un regista basato in parte sulla carriera di Fellini. È un film-maker di successo, con tutte le carte in regola per creare un altro capolavoro ma nessuna vera storia da raccontare, forse come si sentiva Fellini dopo il successo de La dolce vita.

 Guido procrastina, si ritira nella sua disordinata vita privata con moglie e amante con cui si incontra in alberghi a 2 stelle, va da un chiaroveggente che gli fa ricordare la sua infanzia e fantastica di tenere a bada un harem di donne con una frusta o di essere perseguitato a morte da produttori disperati e una stampa ostile.

 Guido non farà mai il suo nuovo film, mentre Fellini lo ha fatto.

Il film sembrava incomprensibile a molti che fino a quel momento avevano amato il suo lavoro. Addirittura in una città in cui fu trasmesso, il pubblico attaccò ferocemente i proiezionisti. Per Fellini, invece, l’8 e 1/2 è “sincero al punto da risultare indecente” e per niente difficile da capire. Più tardi, i critici si riferirono a Jung, Kierkegaard, Proust, Gide, Bergman e Resnais per cercare le sue influenze; Alberto Moravia insisteva che Guido fosse una versione italiana del Leopold Bloom di Joyce. Altri stavano realizzando film soggettivi in ​​quel periodo, in particolare Bergman (Il Silenzio) e Kazan (Il Ribelle dell’Anatolia).

 ‘Ci sono problemi nell’aria’, diceva Fellini in merito.

 Ha vinto il suo terzo Oscar con 8 e 1/2, quindi difficilmente può essere un film così complicato come alcuni hanno pensato all’epoca, ma ricorda decisamente il lavoro di Bergman, con cui Fellini avrebbe collaborato, insieme a Kurosawa.

 Fellini racconta così il loro incontro: “Bergman indicò con il suo lunghissimo dito un angolo della piscina. Sotto la superficie dell’acqua increspata dalla pioggia un’infinità di piccoli organismi, come un alfabeto sumero, vorticavano a velocità batterica. Si è poi accucciato sui talloni e ha iniziato a parlare con i girini con un sorriso felice sul volto”.

 Entrambi i registi considerano gli umani come se fossero girini, in una certa misura, ma mentre Bergman si è separato dall’equazione, Fellini, almeno in 8 e 1/2, non lo ha fatto. Ecco perché è un film migliore anche de Il Silenzio, altro caposaldo della tradizione.

 Appare chiaro dunque che ripercorrere una Rimini inedita, vista con gli occhi dell’avanguardista regista può essere un’esperienza straordinaria da vivere, una città da vivere appieno in tutte le sue contraddizioni.

 Per chi vuole godere di qualche giorno nella felliniana città senza spendere una fortuna ma godendo comunque di tutti i comfort, l’opzione migliore è l’Hotel Neda a Rimini, un confortevole hotel 2 stelle, situato a Rimini – Marina Centro, in uno scorcio di città privilegiato.